Modernariato in vetro
Il vetro opalino
Quando si parla di vetri d’arte si pensa al vetro veneziano, più precisamente all’isola di Murano dove da secoli si realizzano vere e proprie opere d’arte.
Murano fino all’inizio del ‘900 ha prodotto vetri, lampadari, specchi, perpetuando la tradizione stilistica del passato. Successivamente le fornaci hanno iniziato ad innovare l’arte vetraria affidandosi sempre più di frequente a nuove generazioni di artisti, architetti, designer, coinvolti in qualità di art director.
Venini negli anni ’20 fu la prima fornace ad avvalersi di due grandi artisti, Vittorio Zecchin e Napoleone Martinuzzi, i quali aprirono una nuova stagione di rinnovamento stilistico in chiave moderna.
Con gli anni ’30 questo processo di innovazione non interessò solo il repertorio formale ma anche quello delle tecniche di lavorazione e infatti con l’arrivo di architetti come Carlo Scarpa, Tomaso Buzzi e Gio Ponti si iniziò a sperimentare nuove tecniche di soffiatura e lavorazione a caldo e freddo. Una varietà sorprendente di effetti iniziò a interessare i prodotti in pasta vitrea: in questo periodo Paolo Venini promuoverà il famosissimo vetro opalino, ma si sperimentò molto anche su lavorazioni come: incisi, bicolori a incalmo, a macchie, a tessuti, a pennellate, laccati, corrosi, laguna, ecc..
In quegli anni, la fornace Barovier di Ercole Barovier toccò il suo apice creativo e mise sul mercato prodotti modernissimi per il particolare trattamento plastico delle superfici, si pensi ai cordonati oro, ai rostrati o alla serie Barbarico.
Vasi e soprammobili di design in vetro
Nella decade degli anni ’50 la fornace di Flavio Poli (insignito del compasso d’oro nel 1954) arrivò a valorizzare sempre più l’idea del vetro massiccio attraverso la tecnica del “vetro sommerso” in cui si andava per la prima volta a stratificare la massa vitrea usando consistenze e colori differenti. Nello stesso periodo anche la fornace Aureliano Toso divenne molto conosciuta grazie al contributo dell’artista Dino Martens che, con la serie Oriente, valorizzava la massa vitra quasi fosse un collage in cui mescolare tecniche, colori e texture.
Ma negli anni ’50 furono davvero molte le vetrerie capaci di dare lustro al nostro paese attraverso vasi e soprammobili di design in vetro e per citare solo alcune ricordiamo: Venini, Barovier e Toso, S.A.L.I.R, Salviati, Archimede Seguso, M.V.M Cappellin, Aureliano Toso, Fratelli Toso, V.A.M.S.A , Vistosi, Mazzega, Cenedese, Barbini e molte altre.
Va poi ricordato che accanto a queste fornaci vi era un indotto di aziende specializzate in determinate lavorazioni di finitura, si pensi ad esempio al tema dell’incisione su vetro portato avanti dalla SALIR, la quale si avvaleva di grandi maestri incisori tra cui Franz Pelzel, e disegnatori raffinatissimi come Guido Balsamo Stella, entrambi immancabili protagonisti delle Biennali di Venezia.