LUIGI CACCIA DOMINIONI (1913 – 2016)
Luigi Caccia Dominioni, forse più di ogni altro architetto del suo tempo, ha saputo interpretare lo spirito e le ambizioni della propria città: Milano. A partire dalla ricostruzione il capoluogo lombardo, attraverso la sua intraprendente borghesia era certamente alla ricerca di qualcuno che sapendo agevolmente trascendere una visione meramente professionale della disciplina fosse al contempo in grado di definire prassi esecutive fondate sul senso di responsabilità, concretezza, solidità e senso di servizio. Accadde quindi che in lui la classe imprenditoriale lombarda riconobbero da subito qualcuno in grado di rappresentarla adeguatamente, garantendo elevati standard di stile, eleganza e riconoscibilità, seppur mai disgiunti da una sobrietà e un understatement tipici della cultura alla quale appartiene.
Il racconto di questo protagonista del Novecento inizia solitamente citando il magnifico palazzo che in piazza Sant’Ambrogio ricostruirà per la sua famiglia a causa dei bombardamenti. Era il 1949 e per quanto fosse alla sua prima importante occasione di intervento sulla città, già appare evidente la sua magistrale capacità di controllo della composizione, unita ad una rara sensibilità verso i materiali e le tecniche costruttive, non deve quindi stupire se subito dopo ebbe inizio per lui una carriera che potremmo definire inarrestabile. Seguirono interventi dimensionalmente importanti, come l’Istituto religioso di via Calatafimi e gli edifici per uffici in Corso Europa e Via Savona. “Il Caccia”, così era chiamato amichevolmente nella sua città, già in queste prime opere saprà mettere a fuoco gli aspetti peculiari del suo credo: una forte capacità di dialogo con le preesistenze, un uso vario e disinvolto di forme e soluzioni stilistiche mai vissute dogmaticamente, una passione per lo studio del dettaglio come specchio della qualità intrinseca presente nella propria opera.
Così come risulterà prodigo di opere nel campo dell’architettura e degli interni, allo stesso modo anche sul prodotto industriale per l’arredamento possono contarsi un numero straordinario di pezzi disegnati. In questo campo, il primo passaggio fondamentale sarà la fondazione insieme a Ignazio Gardella e Corrado Corradi Dell’Acqua del marchio Azucena, con il quale si voleva approntare in modo agevole e diretto un proprio catalogo di elementi, già sperimentati in qualità di prototipi su precedenti progetti d’interior sia come proprio (e altrui) catalogo di riferimento nelle realizzazioni che i fondatori andavano facendo. Azucena costruirà la sua identità sulla ricerca di un’estetica capace di unire linee moderne, asciutte e rigorose e migliore eccellenza manifatturiero italiano e per questo si è parlato spesso di classicismo moderno della cosiddetta “scuola milanese”. Valga per tutti l’intramontabile poltrona Catilina del 1957 nella quale Dominioni giocando con linee curve e rette da forma a quella che sarà un’icona contemporanea per molte case borghesi Sempre per restare nella sfera delle immagini oramai depositate nel nostro archivio mentale, mi piace qui citare anche la sua sedia scolastica T.12 per Palini (Compasso d’oro 1960), impressa indelebilmente come ricordo d’infanzia in ognuno di noi.
Con l’intento di preservare uno straordinario l’estetico e culturale presente nel band Azucena, nel 2018 l’azienda B&B lo acquisterà al fine di rilanciarlo attraverso la produzione di pezzi che ancora oggi possono ben interpretare le necessità di un abitare contemporaneo.